Se lo chiedeva Venditti più di trent’anni fa e ce lo chiediamo noi adesso, perché in campagna elettorale tutti sembrano conoscere la rotta, salvo perdersi quando si tratterà di diventare operativi. Prima delle elezioni, al solito, ci toccano le dissertazioni di quelli che la stampa definisce, a seconda dell’occasione, opinionisti, capitani coraggiosi, magistrati e cabarettisti prestati alla politica, professori che salgono o scendono, non in ascensore, ma sempre in politica, bontà loro, e chi più ne ha più ne metta.Stavolta almeno durerà poco e, siccome vogliamo essere positivi, dal 24 febbraio prossimo venturo i nostri cesseranno di deliziarci con le loro promesse strampalate. Poi, siccome non ci saranno né vinti né vincitori, si ricomincerà daccapo con il giochino dei veti, delle alleanze trasversali e delle manovre per far cadere il governo, che di sicuro non arriverà alla fine della legislatura. Nel frattempo la nazione si ferma.
Gli investimenti vengono sospesi, i consumi calano e l’economia va a rotoli in attesa del responso delle urne. Altro che PIL in flessione del 2,4% nel 2012, i consumi di energia diminuiscono del 16% e quelli di carburante del 20% (dati di dicembre 2012 su dicembre 2011). Nessuno decide GNIENTE di GNIENTE, che se si potesse gli italiani eviterebbero anche di fare la spesa. Come se l’esito delle elezioni potesse cambiare qualcosa. Al contrario dovremmo trarre spunto da questa situazione, perché imparare dagli errori altrui costa meno che imparare dai nostri. La nostra politica è incapace di governare perché l’acquisizione ed il mantenimento del potere è a prescindere dall’opportunità di interagire e condividere. Ma così non funziona. Non ha funzionato in passato e non succederà in futuro, ahinoi! Ma anche moltissimi dei piccoli imprenditori italiani, oltre a dire: “… aspetémo le elezioni, ciò!” sono poco o per nulla disponibili a riesaminare criticamente il loro modello di business e, se anche riconoscessero i loro errori, restano poco inclini ad immaginare di promuovere soluzioni che implichino condivisione. Per cui somigliano molto a Berlusconi, Bersani, Monti, Grillo e chipiùnehapiùnemetta. Della serie, manteniamo salde le mani sul timone, che se la barca affonda ci comporteremo come il capitano Schettino di buona memoria. Oramai competere singolarmente è difficilissimo se non impossibile, perché i clienti sono sempre più selettivi ed incontentabili e da noi, oltre ai prodotti servizi che proponiamo, si aspettano una collaborazione che comporti crescente assunzione di responsabilità e partecipazione al rischio.
Per accontentarli dobbiamo rispondere al loro bisogno effettivo, ma non a prescindere da quello potenziale. Cioè dobbiamo essere capaci di proporre delle soluzioni che rispondano alle loro aspettative di oggi, ma non trascurando quelle di domani. Ma non possiamo farlo per conto nostro, dobbiamo ragionare ed intraprendere come le economie anglosassoni, cioè valutando opportunità di integrazione con soggetti con i quali la collaborazione garantisca il miglioramento degli standard qualitativi del prodotto servizio ma, soprattutto, una moltiplicazione di opportunità. Significherà rinunciare ad una quota di capitale. Magari a una porzione di potere. Ma il “signor capitano” sa quale sia la rotta e ha il coraggio di percorrerla, perché l’unica cosa che conta è riuscire a raggiungere la destinazione. Mica possiamo permetterci di “spiaggiare” anche noi all’Isola del Giglio, che diamine!