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Ci risiamo con gli auguri per l’anno nuovo, con le previsioni, con i budget. Gli oroscopi li leggiamo di nascosto perché non siamo superstiziosi; comunque non ci hanno mai azzeccato, ma conviene sempre dare una sbirciata veloce, perché chissà mai che quest’anno non sia la volta buona? Poi il 7 gennaio ricomincia la “solita rumba” e per qualche mese ci tocca anche fingere di tenere presenti gli obiettivi di vendita e di spesa, tanto poi già ad aprile ci rendiamo conto che non sono raggiungibili e si ragiona esclusivamente sul consuntivo, cioè sulla correzione degli errori e sull’operatività sempre più faticosa, perché i clienti sono difficilissimi da accontentare, soprattutto se pagatori, i fornitori si comportano come se per loro la crisi non ci fosse e i dipendenti ci chiedono aiuto solo quando hanno dei problemi da risolvere, mai quando hanno soluzioni da proporre.

Nonostante questo, all’inizio dell’anno, come si faceva alle elementari, è necessario e utile fare buoni propositi. Allora si scriveva la classica letterina che, a fronte della generosità di Babbo Natale che avrebbe dovuto soddisfare desideri impossibili, ci impegnavamo ad essere obbedienti con la mamma e la maestra. Poi, passate le feste, “gabbato lo santo”…. Il problema è che più passa il tempo e meno ci possiamo permettere di sbagliare, per cui qualche proposito dobbiamo pur farlo. E direi che ancor prima dei propositi ci conviene tener presente un detto che, giocoforza, governerà il nostro 2013: “… non importa se tu sia leone o gazzella, quando ti svegli la mattina, inizia a correre …”.

Qualcuno potrebbe eccepire, perché è una vita che corre, e di sicuro continuerà a farlo anche nel 2013. Beh, a costoro auguriamo anche di correre nella direzione giusta, la qual cosa non è scontata perché significa concentrarsi sulle priorità, motivare i collaboratori, promuovere processi di semplificazione e migliorare gli standard qualitativi del prodotto/servizio. Se ci impegneremo con continuità otterremo sicuramente risultati sufficienti. Ma dovremo anche essere capaci di verificare criticamente, o meglio, oggettivamente, l’andamento aziendale, perché troppo spesso le differenze tra i risultati attesi e quelli effettivi sono oltremodo significative mentre, come si diceva, correre forte è utile solo ed esclusivamente se sapremo andare nella direzione giusta. E chissà mai, domani potremmo essere leoni anziché gazzelle.

Ps. Sull’Ilva di Taranto: In Francia la principale acciaieria, che ha tre siti produttivi, è di proprietà di investitori Indiani. Il Management, viste le perdite di una sede, ne ha deciso la chiusura la qual cosa significherebbe la perdita di 1.700 posti di lavoro. Ma il governo francese si è opposto minacciando la nazionalizzazione della società e la chiusura è stata sospesa. Da noi a Taranto la prefettura decide la chiusura di Ilva senza praticamente considerare ipotesi alternative. Se questa soluzione venisse confermata sarebbe la classica “nazionalizzazione de noantri”, perché i nostri sindacati troverebbero comunque la soluzione per assicurare ai dipendenti la solita mobilità “vitanaturaldurante”. Chiuso il sito, cessata la produzione e impoverita la nazione.

Ma chi governa? La magistratura? La Camusso? Ah, già, dimenticavamo, comanda Vendola che sull’argomento non si è speso perché gli sarebbe costato comunque in termini di consenso. Più facile parlare di matrimoni gay. Caspita!!!!!!!